Piccole imprese dipendenti dall'export

Milano - Se il modello aggregativo sembra aver fatto proseliti anche in casa nostra, permettendo la nascita di Rete Imprese Italia, il prossimo passo è fare rete anche oltre-confine. Necessario. Almeno a giudicare i primi risultati (un'anticipazione rispetto alla prima convention che si terrà a maggio) di Focus Pmi, un osservatorio nato per iniziativa di Ls Lexjus Sinacta, un network di avvocati e commercialisti che da anni si occupano di consulenza legale e fiscale per piccole e medie imprese.

ESTERO - Il campione preso in esame dall'istituto di ricerca Tagliacarne, oltre 600 pmi, conferma che ci si mantiene a galla grazie alla domanda estera. Anzi il 50% delle imprese «scannerizzate» dichiara «di aver accresciuto il proprio volumi d'affari durante il 2010» perchè coinvolto in processi di Ide (Investimenti diretti esteri), sia in entrata (per il 55,5% del campione), sia in uscita (per il 46,2%). Parlare di declino di sistema-Paese questa volta può essere fuorviante, anche se il tema in parte si può sovrapporre. Semmai l'accresciuta dipendenza delle nostre imprese verso i mercati esteri conferma quanto i consumi in Italia si siano arrestati (anche i saldi di gennaio testimoniano un trend preoccupante) e per dimenarsi e competere sul mercato diventa necessario intercettare la domanda estera. I Paesi del Bric, ma anche l'est Europa e i nostri tradizionali partner commerciali: Germania, Francia e Stati Uniti.

RETI - E allora, sulla falsariga dei contratti di rete già sperimentati su base locale e nazionale (si moltiplicano in Italia le iniziative aggregative di imprese anche di una stessa filiera produttiva e il cosiddetto patto Capranica ne è stato l'esempio ispiratore su base nazionale), «sono sempre più le aziende che ci chiedono contratti per l'estero», spiega Franco Casarano, manager partner di Ls Lexjus Sinacta. Come dar loro torto: «per accrescere il proprio fatturato, scrive il report di Focus Pmi, è necessaria una consolidata strutturazione delle reti internazionali tra imprese in termini temporali». E qui, smentendo la vulgata di un cronico ritardo nei processi d'innovazione, «tre quarti delle imprese dichiara di operare in una rete internazionale da oltre dieci anni e persino il 44,3% delle pmi dice di relazionarsi con più di dieci imprese estere». Configurando una rivoluzione culturale per il tessuto produttivo italiano, per anni impantanato in logiche di bottega e ora aperto e propositivo verso chi sta oltre-confine.